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Luciano Zazzeri e la sua “baracca” sul mare

Cucina toscana della tradizione da Luciano Zazzeri de La Pineta di Marina di Bibbona. Doctor Gourmeta e i grandi chef italiani!



Musica consigliata per questo racconto marinaro: Caravan Palace – Beatophone





A volte le grandi storie si costruiscono semplicemente e in modo lento, seguendo lo scorrere della natura e delle stagioni, magari cavalcando le onde del destino che ogni grande uomo si trova ad affrontare. Toscana, quella marittima che profuma di pineta e spuma del Mar Tirreno, Marina di Bibbona e la “baracca” di Luciano Zazzeri nel Livornese (www.lapinetadizazzeri.it): questi tre elementi stanno alla base di un’avventura culinaria che ricorda davvero le favole di una volta. Da pescatore coraggioso a cuoco gentiluomo, da giovane manipolatore di reti di precisione e palamiti per la pesca a chef-patron di uno dei ristoranti più buoni e sorprendenti secondo il Financial Times, Luciano Zazzeri è un vero ambasciatore del gusto italiano.



Luciano Zazzeri è un pescatore certo e attendibile: ha iniziato fin da adolescente a cavalcare i mari, costruendo reti e palamiti; si è saputo creare il “mestiere” negli anni, grazie agli insegnamenti di Roberto Londi, un pescatore-filosofo che sapeva scrivere e leggere nonostante non fosse andato mai a scuola.





La “baracca” di Luciano Zazzeri è stata costruita a Marina di Bibbona nel 1964, grazie alle volenterose braccia del padre Alessandro e dello zio Giuseppe. Inizialmente fu un complesso balneare e piccola osteria di mare: in cucina c’erano la nonna Nella, la zia Nunzia e la tata Ilia, mentre il padre si occupava della spesa, delle prenotazioni e della direzione del ristorante. In questa atmosfera familiare Zazzeri è cresciuto nell’arte della pesca. Aveva 14 anni e già lavorava come pescatore e cameriere, d’inverno invece studiava al liceo e andava pure a caccia di allodole e colombacci. Poi decise di mollare gli studi e nel ’65 arrivò la prima barca di famiglia: da quel momento diventò un vero e proprio pescatore.





Poi arrivò l’impensabile: nel 1987 ci fu una grossa mareggiata che distrusse mezzo ristorante, proprio mentre il padre di Luciano aveva problemi di salute. Allora che fare? Luciano Zazzeri dovette prendere in mano il ristorante, sia in sala che in cucina. Iniziò a spadellare e dimostrò di saperlo fare molto bene. Dopo il servizio, a mezzanotte, era solito uscire in mare per andare comunque a pescare, ma sapeva che pian piano quell’amato gesto un giorno sarebbe stato abbandonato. Aveva comunque il dovere di arrivare al ristorante la mattina presto, per gestire ogni problema. Quindi dal ’96, dopo 35 anni di attività di pescatore, cuoco e cameriere, decise di prendere definitivamente le redini del ristorante. Insomma, ha mollato la pesca e ha cominciato a fare lo chef a tempo pieno.





Ora, dopo la stella Michelin del 2006, ci sono la tranquillità semplice e senza pretese di una cucina che trafigge direttamente il cuore, e lo splendore autentico dell’atmosfera senza tempo col lusso del mare, ovvero l’idea di un ristorante stellato di cucina marinara direttamente sulla spiaggia.



Ecco alcune parole confortevoli di Luciano Zazzeri: «Noi abbiamo un menu alla carta e un paio di menu degustazione, ma quando mi arrivano all’improvviso delle seppioline fantastiche sono il primo ad aggiungerle tra le comande, soprattutto per i miei amici e per i clienti abituali. In autunno inserisco anche i tartufi della mia pineta, così, all’ultimo momento. Per non parlare della cacciagione durante l’inverno, che mi procuro direttamente io andando a caccia e vivendo sulla mia pelle quei lunghi appostamenti sugli alberi: colombacci, beccacce, caprioli e cinghiali sono le prede che trovo abitualmente a Querceto, al Macchion del Lupo, alla Segaccia di Bolgheri».









E poi c’è la scatenata brigata di Luciano Zazzeri: il figlio Daniele, i giapponesi Taisuke Naoi e Ayako Inanami in cucina, l’altro figlio Andrea e i gemelli Giovanni e Roberto Vanni in sala. Un team allegro ma organizzato, abituato a riempire il ristorante quasi ogni sera, e ad affrontare soleggiate e tempeste marine. È senza dubbio il più felice e fondamentale supporto allo chef. Formidabili cinquant’anni di storia italiana dunque, che si dipanano in quattro generazioni di famiglia bibbonese. Sta proprio in questo la grandezza: una cucina tailor made d’ispirazione piratesca (quello che arriva dalle onde, in versione rivisitata dal capitano per la sua ciurma gourmet), semplice ma goduriosa, satolla di materie prime più uniche che rare che sono frutto di cinquant’anni di ricerca spasmodica nel mare.





Mangiare gourmet e Michelin coi piedi nell’acqua: nella “baracca” di Luciano Zazzeri si può fare. Sembra che tutto sia di una semplicità imbarazzante, invece la cucina de La Pineta è carica di storia e di ricerca: i nobili di Bolgheri hanno contribuito alla profondità culturale e culinaria della zona, anche nella cucina di terra. Il risotto al colombaccio e il paté di fagiano ne sono esempi illustri. Il conte Gaddo poi ha rivoluzionato la frittata di asparagi con l’uovo mezzo crudo, imprimendo un marchio d’innovazione al posto delle omelette “stupide” o stracotte delle donne toscane d’un tempo.





Manducare alla tavola di Zazzeri è esperienza erudita che scorre nelle vene, attraverso i piatti antichi della cuoca del marchese o i pesci crudi caratteristici dell’alimentazione del pescatore. La cruda e condita tartare di gamberi rossi, palamita e spigola amplifica il valore geometrico della triade “crostaceo, pesce azzurro e pesce bianco”.





Le seppioline sporche e con l’osso vengono scottate con un poco di olio e rosmarino e la voluttà poseidonica resuscita i ricordi delle griglie d’estate, in spiaggia.



Il baccalà è “trino” ma il diletto è uno solo, potente: in versione di fritto, mantecato e al vapore.



La palamita invece è l’inno al nostro mare, addolcita dalla crema di piselli e dagli stessi piselli crudi per esaltarne la natura erbivora insieme allo zenzero marinato per incutere passione piccante ed esotica. Questo pesce è usato maggiormente da Zazzeri per evitare il tonno, ormai in via d’estinzione, pieno di mercurio e sempre incerto nella provenienza.





Gli spaghetti alle vongole e bottarga sono semplicemente emozionanti, da manuale dell’istituto alberghiero.



Quando poi si assaggiano i ravioli di cacciucco con crema d’aglio cotto nel latte e salvia e pomodorini fritti, oppure gli straccetti con le triglie si percepisce l’amore dello chef per le paste fresche, come se fosse un gesto antico di cui non vuole mai liberarsi.





I gamberi al Marsala e cous cous alle verdure sembrano un piatto senza tempo, che spazia nel Mediterraneo dagli anni passati all’era contemporanea.





La grandezza di Luciano Zazzeri risiede nell’esaltare la bellezza del mare in pochi centimetri quadrati, magari all’interno del tegame stesso, e nel “colorare” di sapida vegetazione le guarnizioni. Scorfano, olive, capperi e rosmarino nell’assoluto. E poi ecco arrivare le triglie spadellate con seppie nere e pomodorini, e la coscienza si rende schiava del mare in tempesta.





E infine il semifreddo al croccante di pistacchi di Bronte certificato, per recuperare tutte le gioie gastronomiche dell’Italia intera.





Classicità e amore viscerale per gli antichi gesti del cucinare, una gentilezza nobiliare, la toscanità in tutto il suo brillare, la magia del mare piatto e improvvisamente in subbuglio, le candele e le stelle nel cielo nero sopra il Tirreno: La Pineta di Luciano Zazzeri è forse una delle esperienze più memorabili che si possano gustare nella vera cucina italiana d’autore.



Grazie alle meravigliose foto di Cristian Parravicini e alla musica electro swing dei Caravan Palace



70 comments

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