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Doctor Gourmeta e le foto di Animali Strani in cucina
Doctor Gourmeta indaga nell’antropologia dell’alimentazione, grazie alle foto di animali strani in cucina di Elisa Andreini e alla musica di Ennio Morricone.
Musica consigliata per questo racconto: Ennio Morricone – L’Estasi dell’Oro (remix)
Inoltrarsi nelle cucine di nascosto, cercando di scovare l’inghippo etico e morale dell’alimentazione. È stato possibile grazie alle stupende foto di Elisa Andreini e ai suoi animali morti, pronti per essere cucinati per le bocche affamate del popolo gourmet.
Non si è più abituati a vedere gli animali morti, perché le pupille sono oramai assuefatte dal piatto bello e finito, decorato ed estetizzato in modo ossessivo dagli chef moderni. Si è perso altresì il concetto del cacciare – e questo è culturalmente palese a tutti -, abbiamo dimenticato che il cacciatore era anche colui che si occupava di scuoiare, disossare, spennare, spezzettare, abbrustolire e cucinare l’animale appena catturato. Nei tempi moderni la trasformazione gustosa dell’animale in sé è diventata spasmodica. Non c’è più l’animale vero e sanguinante davanti a occhi naso e bocca, come accadeva una volta…
Nell’antropologia dell’alimentazione e nella cucina, il rapporto realtà-manipolazione è ormai un fatto più che comune. A parte forse qualche gruppo ristretto di raw-foodist o di contadini vegani puristi, anche il mangiare crudo è diventato una sorta di manipolazione della realtà. Il sushi, le tartare, le cruditè all’italiana sono in effetti trasformazioni di pezzi di animali: tagliare, agghindare e colorare sono azioni consuete e quasi obbligatorie per chi serve cibo animale crudo. Non esistono più scene di mandibole affamate che brandiscono a morsi la pelle di qualche bestia appena catturata.
Il bambino contemporaneo pensa che il latte esca già in cartone dalla vacca; il bambino pensa che l’hamburger scenda dagli alberi così, in forma di piatta astronave e leggermente abbrustolito; il bambino pensa che i gamberetti siano ontologicamente dentro il risotto, come fossero figli “bastardi” di un ipotetico riso alla marinara.
Non c’è nulla da ridere, perché anche gli adulti stanno formattando la loro mente verso questa direzione: quando giunge sulle tavole un capolavoro gastronomico di cucina gourmande, come un maialino in crosta o un puledro in salmì, non ci ricordiamo che questi animali sono stati prima uccisi, poi scuoiati e quindi tagliati e affettati. Davanti alla cucina artistica non pensiamo più al sangue, alle budella, al cuore che smette di battere.
Anche noi adulti siamo in realtà dei bambini inconsci della brutalità della fame? Abbiamo ormai anche noi “grandi” il cervello offuscato dalla bellezza del cibo? Non ci ricordiamo più della cara e vecchia morte degli animali, edulcorata dal concetto mors tua, vita mea?
Il problema della morte animale non spaventa più (se non quando vediamo bestie domestiche spiaccicate sul cemento), semplicemente perché l’abbiamo dimenticato. Vedendo come si sgozza un agnello, sarà difficile avventarsi sulle sue costolette. Non vedendo in diretta uno sgozzamento sarà più facile divertirsi a tavola. Ecco allora che nasce il vegetarianesimo, il più delle volte dopo che le nostre pupille hanno visto l’uccisione di una bestia da fattoria.
Qualcuno è mai rimasto indifferente alle strazianti urla del maiale, quelle grida sovrumane pre-mattatoio che distruggono cuore e timpani?
La prossima volta che mi arriverà una pietanza da carnivori sarà mia premura pensare all’animale ucciso, scuoiato o tagliato che sia. Se riuscirò ancora a mangiare, vuol dire che sono effettivamente affetto da carnivorismo.
Doctor Gourmeta ha esplorato l’antropologia dell’alimentazione, grazie alle foto di animali strani nelle cucine italiane.
Foto by Elisa Andreini
55 comments
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